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I big data sono l’ultima, e forse la più grande, rivoluzione digitale dei giorni nostri. Quasi invisibili ai consumatori e, più in generale, agli utenti del web, lavorano in sordina ma portano risultati notevoli. Veicolano le scelte di marketing, di acquisto, e spesso anche di produzione. Di sicuro, sono quello che oggi incide di più sul rapporto domanda e offerta.

Già, ma cosa sono i big data? Da dove vengono, a cosa servono, come sfruttarli? È proprio quello che vogliamo raccontarvi in questo articolo. Pronti? Cominciamo!

Big data: cosa sono e cosa fanno

Possiamo cominciare così: big data, definizione di pacchetto di dati contenente tutte le abitudini di un gruppo eterogeneo o omogeneo di utenti del web. Esempi di big data sono i pacchetti venduti dai social network con il complesso delle nostre interazioni, via desktop e app, divise per età e geolocalizzazione. I big data definiscono così una serie di abitudini utili a studiare il comportamento degli utenti e offrire loro esperienze sempre più personalizzate.

Questa definizione non è però sufficiente per spiegare la portata di un fenomeno che, grazie alla big data analysis, sta letteralmente ridefinendo il modo di concepire il web. L’intera raccolta e gestione dei dati, per non parlare del loro uso, è una branca completamente nuova del comparto internet che sta creando nuove professionalità e tendenze, in un movimento di espansione che possiamo definire circolare, perché questi dati creano lavoro e consumo, muovendo ormai tutti i settori.

analizzare big data
Analizzare i big data: da dove cominciare?

L’obiettivo dei big data: a cosa servono e perché sono importanti

Lo abbiamo appena detto, la definizione che abbiamo dato e che si può dare dei big data è esatta, ma allo stesso tempo riduttiva. Certo, si tratta di pacchetti di dati, ma in verità è la loro trasformazione, cioè l’interazione tra big data e analisi dei dati, ad aver cambiato davvero le cose. La gestione dei big data è un’attività complessa, che implica la gestione di grandi volumi di dati in tempo reale, l’elaborazione di algoritmi e metodi di analisi innovativi, e anche una nuova tendenza alla progettualità.

Anzitutto, rispondiamo a una domanda: da dove provengono i big data? E la risposta è: ovunque. Ogni volta che si accettano i cookies, si stanno cedendo dati sulle proprie abitudini di navigazione, sui propri interessi, sulla propria tendenza al consumo. Questi dati vengono poi elaborati da chi si occupa di analytics, ossia precipuamente di lavorare con i big data. Un’attività che parte dall’analisi dei dati per trasformarla in vera e propria progettualità, dalla pianificazione di strategie al ricorso ad algoritmi e analisi predittive.

Non solo marketing, ovviamente, ma anche ottimizzazione dei servizi come quelli sanitari, contrasto ai cybercrimini che più involvono gli utenti, come le frodi informatiche, e, ovviamente, consumo. Dai prodotti alla veicolazione dei flussi turistici. Insomma: i big data sono pacchetti di dati che, rielaborati, consentono di studiare le abitudini dei consumatori e pianificare strategie per ottimizzarne le abitudini o veicolarne le scelte. Questa, forse, è la definizione di big data più aderente alla realtà.

Lavorare con i big data: analisi e pianificazione

Ora che sappiamo cosa sono e come si lavora con i big data, proviamo a capire il loro impatto sul mondo dell’ecommerce. Cominciamo da qualche numero. Per prima cosa: si tratta di un mercato cresciuto a un ritmo del 20% annuo negli ultimi 5 anni, quando si dice curva ascendente. Già solo questo basta a far capire l’importanza del settore. Certo, la crescita interessa più le grandi realtà, mentre le medie e piccole imprese stanno facendo fatica ad adattarsi alla novità. 

Questo ha ulteriormente ampliato il gap tra le aziende italiane e il panorama internazionale, una ragione in più per lanciarsi nel settore e battere la concorrenza sul tempo. Certo, non è qualcosa che si può fare da soli. Servono delle competenze specifiche ma, per fortuna, oggi sono sempre di più le start-up che si stanno lanciando nel mondo dell’analisi dei dati fornendo servizi alle imprese. 

In questo settore in particolare, quella di affidarsi a un professionista è una scelta premiante. Il tipo di professionalità e competenze necessarie alla gestione dei big data, infatti, non riguardano solo la gestione di pacchetti di dati sempre più complessi. Ma anche l’interazione tra questa attività e la privacy. A differenza del mercato nazionale, infatti, quello eurounitario si è accorto con una certa celerità del fenomeno.

La conseguenza? Una pronta reazione delle istituzioni, con l’entrata in vigore, ormai due anni fa, del GDPR. Un pacchetto normativo che obbliga chi entra in contatto con i dati degli utenti web a una loro gestione secondo regole ben precise (e anche con sanzioni precise). Ed ecco perché, se si lavora sul mercato europeo, è bene non affidarsi al caso.

ecommerce e big data
Big data per ecommerce

Qualche consiglio finale

Dunque: cosa abbiamo scoperto oggi? Che esistono pacchetti di dati di grandi dimensioni che vengono raccolti da ogni attività web che compiamo come utenti. Che questi pacchetti vengono analizzati, e che i risultati delle analisi vengono utilizzati a loro volta per la pianificazione di diverse attività. Dal punto di vista degli ecommerce, avere accesso a questo tipo di dati significa poter offrire un’esperienza personalizzata all’utente. Ossia: massimizzare i ricavi per investimento ricorrendo solo a quei passaggi che otterranno quasi certamente un risultato in termini di revenue.

Lo si può fare da soli? No. La mole di dati è troppo grande perché un singolo ecommerce possa analizzarla. Ci si può, però, affidare a professionalità specifiche, che oltre a offrire un vantaggio in termini di competenza, sono anche necessarie per stare al passo con la normativa sulla privacy. E ora? Lanciatevi e battete la concorrenza sul tempo!

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